La strada del coraggio by McConnon Aili e Andres

La strada del coraggio by McConnon Aili e Andres

autore:McConnon, Aili e Andres [McConnon, Aili e Andres]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Parte terza

10. Ginettaccio

23. Gino si rilassa fumando il sigaro insieme a un altro ciclista.

Nei mesi successivi alla liberazione di Firenze, avvenuta nell’agosto del 1944, Gino poté finalmente fare il punto della situazione su ciò che restava della sua vita. A trent’anni, si ritrovava con una moglie e un figlio di tre anni da mantenere, senza considerare i genitori anziani. Come tanti altri ciclisti durante la guerra, quando lo sport aveva cessato di offrire opportunità di guadagno, Gino aveva dato fondo ai suoi risparmi. «Quello che avevamo guadagnato dal ’35 al ’40 era andato in fumo» ha spiegato. Ma le difficoltà fisiche patite durante quei difficili anni lo avevano cambiato a un livello ancora più profondo. Non si trattava solo dei premi che non aveva potuto vincere quando era all’apice della carriera – il Tour fu sospeso dal 1940 al 1946, il Giro dal 1941 al 1945 –, era la guerra stessa ad averlo segnato. «Io credo che tutto questo tempo, più che perduto, sia da considerare come negativo» ha raccontato. «[…] ti senti invecchiato molto di più che se avessi potuto condurre una vita normale».

Gino si sentiva più vecchio e sembrava più vecchio. I suoi capelli, un tempo folti e ondulati, si erano fatti più radi e ora lasciavano scoperte le tempie, mentre la fronte era solcata da rughe profonde. Gli occhi infossati mettevano in risalto il naso, che pareva scalpellato alla buona nella pietra. Aveva appena trent’anni, ma ne dimostrava almeno dieci di più.

Benché con il ciclismo non guadagnasse una lira da molto tempo, sapeva benissimo che era da lì che doveva ripartire. Non aveva né un lavoro né un titolo di studio, e temeva le ristrettezze finanziarie che suo padre aveva patito come bracciante. «Mi aveva insegnato che la povertà è amara quando hai vent’anni, ma quando ne hai quaranta è come sale su una ferita» ha raccontato Gino. Solo grazie alla bicicletta avrebbe potuto costruire una nuova vita per sé e per la sua famiglia.

Con un piccolo gruppo di colleghi cominciò a girare il paese, entrando in contatto con altri corridori e organizzando piccole gare. Dato che erano pochi quelli che disponevano di automobili o furgoni per trasportare l’equipaggiamento, viaggiavano «come guitti delle compagnie di giro» su un vecchio camion scassato che riusciva a trasportare dieci corridori con le rispettive biciclette. Per strada si imbatterono in scene strazianti: abitanti di interi paesi che si coprivano con quel che restava delle divise militari dismesse; cimiteri che non riuscivano a contenere le nuove tombe.

Gino e compagni vagavano da un circolo sportivo all’altro in cerca di corridori che volessero sfidarli. Ma il paese non si era ancora ripreso dalle devastazioni della Seconda guerra mondiale e dall’inflazione dell’immediato dopoguerra, ed era difficile ritrovare i tifosi, gli appassionati cresciuti a pane e ciclismo. «Gli anni pieni di soddisfazioni dell’anteguerra» ha raccontato Gino «e i campionati e i Giri d’Italia, le vittorie tanto sudate erano lontane. Sembrava che si fossero perdute in quel fragoroso bailamme che aveva sconquassato la natura e gli animi.



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